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Intervista a Paolo Aversa, CEO di Ally Consulting

Intervista a Paolo Aversa, CEO di Ally Consulting

Paolo Aversa è CEO di Ally Consulting, azienda che sviluppa sistemi gestionali ERP per accompagnare i clienti nella digital transformation. Dalla partnership tra Ally Consulting e Piessepi sono nate proposte per le aziende in ambito Perfromance, che verranno presentate in workshop di approfondimento a partire dal 20 gennaio 2021 con “Human Smart Performance (link). Tecnologia e people sono due elementi uniti in maniera indissolubile nel processo di crescita aziendale. Abbiamo intervistato Paolo per capire quali siano le potenzialità derivanti dalle operazioni di system integration e quali sviluppi futuri avranno.

Che effetti sta avendo la pandemia sulla system integtation e in generale sulla digital transformation?

Da un certo punto di vista direi provocatoriamente nessuno, ma voglio spiegarmi meglio. Nell’anno 2020 tutte le aziende che avevano già intrapreso investimenti nel settore hanno sfruttato la programmazione già impostata prima della pandemia. Il rallentamento o il minor volume di attività è stato paradossalmente utile per riorganizzare l’azienda in ottica di innovazione. Oggi invece abbiamo meno chiarezza sul futuro, dunque su progetti nuovi. C’è maggiore incertezza, il che porta le aziende in generale ad essere prudenti nell’ambito degli investimenti. Siamo dunque in una fase di stallo, che non riguarda solo l’IoT ma tutti gli asset aziendali. Ma sono pronto a scommettere che questo tempo sarà breve, anche perché il settore tecnologico è in evoluzione costante e chi sta al passo ha un vantaggio competitivo.

Perché un’azienda si rivolge a voi?

Ora come ora principalmente per necessità legate alla crescita. Penso a tutte le aziende nel settore health care o farmaceutico e filiera, che nell’ultimo anno hanno aumentato fatturati e volumi, in alcuni casi raddoppiandoli o triplicandoli in brevissimo tempo. Oppure per esigenze di rinnovo delle proprie soluzioni gestionali che nella maggior parte dei casi sono state introdotte in azienda per necessità normative, ad esempio nel 2001 è stato introdotto l’euro e le aziende non avevano gestionali in grado di riconoscere la doppia moneta. Il primo pensiero di un imprenditore oggi è ancora rivolto a impianti o infrastrutture. Chi investe nella digital transofrmation per portarsi avanti, cioè per anticipare realmente i processi, è circa un’azienda su cinque in base alla mia esperienza.

Quali sono le principali problematiche che trovate quando iniziate una consulenza in un’azienda?

Ruota tutto attorno alla sinergia tra concetto di performance e concetto di people. Qualunque tipo di progetto, in particolare di trasformazione digitale, deve partire con un approccio orientato alle persone. Alla fine, sono le persone che rendono un processo di questo tipo un successo. Senza commitment, motivazione e attività di formazione che possono favorire lo sviluppo di qualsiasi approccio di change management, nessun percorso è possibile. Questo riguarda i clienti di tutte le fasce: piccoli, medi, grandi. Chi decide di investire in tecnologia deve capire che l’investimento non si limita allo strumento, ma riguarda anche il capitale umano necessario per farlo funzionare.

La digital transformation rischia di sostituire la componente umana?

No, la componente umana è fondamentale. La digital transformation è un processo di crescita. Chi decide di intraprendere un percorso di questo tipo di solito ha un management e una proprietà che credono molto nelle risorse umane. Si sa che i progetti portano un ritorno completo degli investimenti. Lo strumento tecnologico, ERP o software per il monitoraggio delle performance, deve essere letto in ottica evolutiva per migliorare la qualità del lavoro. Il software non sostituisce mai le persone. Anzi, è il contrario. Perché sono le persone a scegliere lo strumento più adatto in base alle esigenze aziendali.  

Quali sono i KPI che migliorano dopo la vostra consulenza?

Ottima domanda perchè ci permette di spaziare sul tema performance. Dipende dal tipo di attività che il cliente ci commissiona. Dal cambio del sistema gestionale mi aspetto un impatto sul conto economico, ad esempio sui margini o sui tempi di consegna. Se poi entriamo nei meandri dell’operatività ce ne sono tanti. Ci sono aziende asset-based che non hanno attenzione per la valutazione delle performance dell’asset. Sanno quanto costa la macchina o l’impianto ma ignorano gli indicatori sulla sua operatività, il cosiddetti OEE. L’altro enorme capitolo sono i KPI legati al capitale umano. Spesso ci si sofferma sul controllo dei tempi di lavoro, ma non la loro ottimizzazione. L’obiettivo di una verifica dell’FTE deve essere far risparmiare tempo sulle attività a basso valore alzando la qualità delle mansioni.

Siamo in attesa di ingenti risorse per la digitalizzazione del Sistema Paese. Oltre alle risorse serve qualcosa a livello culturale per colmare il gap tecnologico con altri paesi?

Da un certo punto di vista gli investimenti strutturali sono stati già fatti dai privati. Loro sono già pronti a digitalizzare il Paese. Sono pronti i cittadini perché siamo arrivati a pretendere un livello di servizio elevatissimo. Oggi lo smartphone, ad esempio, è un elemento essenziale della nostra vita perché ci permette di fare attività e risparmiare tempo, pensiamo al settore bancario e all’e-commerce. I fondi, dal mio punto di vista, devono essere utilizzati per semplificare le attività principalmente nella pubblica amministrazione. Aziende e privati si sono già attrezzati. Purtroppo però la digital transformation della pubblica amministrazione mostra i suoi frutti nel lungo periodo, nell’immediato sono altre le cose che portano consenso. Però questa non è una valutazione univoca per tutto il Paese, esistono anche forti differenze tra aree. In Lombardia posso richiedere il cambio di assegnazione di medico di base tramite tessera sanitaria. Direi che la cosa fondamentale e guardare ai paesi benchmark.

Qual è la prossima grande tecnologia che avrà un impatto sulla nostra vita?

Il punto di riferimento sono gli Stati Uniti, che sull’innovazione tecnologica sono sempre almeno cinque anni più avanti. Direi l’intelligenza artificiale con i suoi sviluppi, a partire dalla capacità di far fare ad un software quello che fa l’uomo. Oggi si parla principalmente di cose a ridotto valore qualitativo. Alexa o i sistemi evoluti nelle automobili fanno piccole cose, ma gli sviluppi sono enormi. Penso anche alla robotica. Abbiamo a che fare con moltissime aziende manifatturiere e vediamo che queste tecnologie sono poco sfruttate. Parliamo di soluzioni che potrebbero essere introdotte in maniera sostenibile anche dalle piccole imprese. Tutto questo serve per beneficiare del lavoro dell’essere umano in maniera produttiva. Scaricare un materiale da un muletto potrà farlo un robot domani. E la persona che lo fa oggi può fare un’attività di controllo o svolgere una mansione qualitativamente superiore.

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